Critica all'esistenzialismo e l'anti-umanismo
La Kehre, la critica all’esistenzialismo e l’anti-umanismo
Dopo Essere e tempo (1927), Martin Heidegger riconosce la necessità di un cambiamento radicale nel suo pensiero, che chiama Kehre (la svolta). In questo nuovo orientamento, egli abbandona la centralità dell’esserci (l’uomo in quanto ente che si pone la domanda sull’essere) e si volge verso il pensiero dell’essere stesso, superando così anche il linguaggio della metafisica tradizionale.
La terza sezione di Essere e tempo, intitolata Tempo ed essere, non fu mai pubblicata proprio perché Heidegger non era ancora in grado di esprimere in modo adeguato questa svolta. Solo in opere successive (come Vom Wesen der Wahrheit e Lettera sull’umanismo) il pensiero della Kehre si chiarisce: non si tratta di rinnegare Essere e tempo, ma di completarlo, andando oltre l’analisi dell’uomo per pensare la verità dell’essere.
Critica all’esistenzialismo e a Sartre
Heidegger prende le distanze dall’esistenzialismo di Sartre, che afferma che «l’esistenza precede l’essenza». Secondo Heidegger, Sartre resta prigioniero del linguaggio metafisico: anche se inverte l’ordine tradizionale tra essentia ed existentia, continua a muoversi dentro lo schema della metafisica, che ha dimenticato la questione dell’essere.
Heidegger rifiuta l’etichetta di "esistenzialista" perché il suo intento non è di fondare una filosofia antropologica, ma di riportare al centro la questione dell’essere. Per lui, l’essere umano non deve essere pensato come un soggetto attivo che domina l’ente, ma come "gettato" nella verità dell’essere, responsabile della sua custodia.
L’uomo come pastore dell’essere
In questa nuova visione, l’uomo non è il padrone dell’essere, ma il suo pastore. Non è lui a decidere che cosa appare, ma è l’essere che, nel suo destino (Geschick), si disvela o si cela. L’uomo può solo accogliere, custodire e prendersi cura di ciò che si manifesta nella radura dell’essere (Lichtung), come un pastore si prende cura del suo gregge.
Questa prospettiva esclude ogni visione tecnocratica, antropocentrica o culturale dell’uomo come misura dell’essere. La vera dignità umana, secondo Heidegger, consiste proprio nella capacità di ascoltare e custodire l’essere, non nel costruire civiltà o affermare la propria soggettività.
Anti-umanismo heideggeriano
Heidegger si oppone a ogni forma di umanismo, inteso come filosofia che spiega l’essere a partire dall’uomo. Egli sostiene che anche l’umanismo appartiene alla metafisica e quindi all’oblio dell’essere. L’essere non deve più essere pensato a partire dall’uomo, ma l’uomo a partire dall’essere.
Tuttavia, questo anti-umanismo non è disumano: l’uomo resta coinvolto nel destino dell’essere e mantiene la sua responsabilità. La libertà dell’uomo si realizza proprio nell’appartenenza all’essere e nella sua capacità di ascoltare(Hörender), non di dominare.
Heidegger mostra tutto ciò anche con scelte linguistiche: ad esempio, utilizza grafie particolari come Seyn o la cancellatura di Sein, per segnalare la necessità di oltrepassare la metafisica e trovare un nuovo modo di pensare.
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