Domande pag. 472, 476 e 478

Domande pagina 472, 476 e 478

PAGINA 472

1. Come viene interpretata da Heidegger la nozione di "intenzionalità"?
Heidegger riprende la nozione di intenzionalità da Husserl, ma la rielabora: non è solo la direzione della coscienza verso un oggetto, ma è l'apertura originaria dell'esserci (cioè dell’uomo) al mondo. L’uomo è strutturalmente orientato verso ciò che lo circonda, non è chiuso in sé.

2. Perché non è possibile dare una "definizione" dell'essere?
Per Heidegger l’essere non è un ente tra gli altri, ma la condizione stessa per cui gli enti possono manifestarsi. Definirlo significherebbe ridurlo a qualcosa di definito, ma l’essere è ciò che trascende ogni definizione e permette ogni comprensione.

3. In che senso l'uomo è "esserci"?
L’uomo è definito come Dasein (esserci), perché è l’unico ente che si interroga sul proprio essere e si rapporta consapevolmente con esso. L’uomo non è un semplice oggetto nel mondo, ma è l’essere che si apre al mondo e al significato.

4. In che senso l'esserci è anche «essere-nel-mondo»?
L’esserci è sempre un essere-nel-mondo, cioè un’esistenza situata e relazionale:

  • l’intenzionalità lo apre a ciò che lo circonda;

  • è un soggetto situato, non astratto, ma immerso in un contesto;

  • vive in un insieme di cose e uomini con cui ha relazioni pratiche ed emotive;

  • è un soggetto gettato, cioè non sceglie di esistere ma si ritrova già in una situazione determinata da storia, cultura e contingenze.


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1. In che senso il mondo è per noi innanzitutto una «totalità strumentale»?
Il mondo non ci appare inizialmente come un insieme di oggetti neutri, ma come una rete di strumenti utili, inseriti in relazioni funzionali. Le cose si manifestano nel loro uso pratico (ad es. una penna come qualcosa per scrivere).

2. Perché ogni comprensione delle cose si configura sempre come un'"interpretazione"?
La comprensione non è mai neutra o oggettiva, ma è sempre situata, legata al nostro vissuto e al nostro essere-nel-mondo. Comprendere è sempre interpretare, cioè vedere le cose a partire da un punto di vista.

3. Perché la cura è intrinsecamente temporale?
La cura (Sorge) è la struttura fondamentale dell’esserci: l’uomo si prende cura di sé, degli altri e delle cose. Questa cura è temporale perché l’uomo vive nel tempo: ha un passato (da cui proviene), un presente (in cui agisce) e un futuro (che progetta).

4. Caratteristiche dell’esistenza inautentica:

  • È adesione acritica al modo di vivere comune;

  • Si basa su opinioni e convenzioni dell’ambiente;

  • Gli altri e le cose sono visti come utilizzabili;

  • Si seguono i segni e i modi del mondo senza metterli in discussione;

  • Regna la banalità e la superficialità;

  • Si perde la propria apertura storica, cioè la capacità di decidere chi essere;

  • L’individuo si rifugia nel “si” impersonale: "si fa così", "si pensa che…", perdendo se stesso.


PAGINA 478

1. Che cosa rivela all'uomo l'esperienza dell'angoscia?
L’angoscia è diversa dalla paura: non ha un oggetto specifico. Rivela il nulla e l’assenza di fondamento dell’esistenza, mostrando che l’uomo è radicalmente libero, gettato nel mondo senza certezze. Essa porta alla scoperta dell’autenticità.

2. Perché la morte è la «possibilità più propria» dell’essere umano?
La morte è:

  • personale, nessuno può morire al posto nostro;

  • ci dà il senso profondo della nostra esistenza;

  • la consapevolezza della morte smaschera l’esistenza inautentica (che fugge la fine);

  • spinge verso un’esistenza autentica, fatta di scelte libere e responsabili;

  • è la possibilità estrema, quella che rende significative tutte le altre possibilità.

3. In che senso le strutture fondamentali dell’esserci rimandano alla dimensione temporale?
Tutte le strutture dell’esserci (cura, progettualità, decisione, ecc.) sono temporalizzate:

  • l’uomo è un progetto verso il futuro;

  • vive nella situazione presente;

  • è condizionato dal passato (il già-esserci).
    La temporalità è la condizione fondamentale dell’esistenza umana.

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