Domande pag. 510

Domande pagina 510 

1. Che cos'è per Sartre l'«essere per sé»?

Per Sartre, l'"essere per sé" (être pour-soi) è la coscienza, cioè la realtà propria dell’essere umano. A differenza delle cose, che “sono e basta”, la coscienza non coincide mai completamente con se stessa: è sempre in movimento, proiettata verso il futuro, capace di porsi problemi e scegliere. Essa è definita dalla libertà e dalla capacità di negare, cioè di dire “no” a ciò che è, per aprirsi a ciò che potrebbe essere.

2. In che cosa differiscono la coscienza e le cose?

Le cose sono ciò che Sartre chiama l’"essere in sé" (être en-soi): sono piene, compatte, chiuse in se stesse, senza consapevolezza.
La coscienza, invece, è apertura, mancanza, libertà, cioè "essere per sé".
Quindi:

  • Le cose sono ciò che sono, immutabili.

  • La coscienza è ciò che non è ancora pienamente, sempre in divenire, capace di progettarsi e scegliere.

3. In che senso «la coscienza è il nulla»?

Sartre dice che la coscienza è il nulla perché non ha un’essenza fissa o una natura prestabilita.
Essa si definisce solo attraverso ciò che sceglie di essere.
Inoltre, la coscienza è "nullificante": può distaccarsi dalle cose, negarle, immaginarle diverse. Questo le permette di trascendere il dato, di andare oltre ciò che è, proprio perché non è piena come le cose, ma mancanza, apertura.

4. Qual è la responsabilità più gravosa per l'essere umano e quale effetto produce in lui?

La responsabilità più grande per l’essere umano è quella di essere condannato a essere libero.
Sartre afferma che l’uomo è totalmente responsabile di ciò che è, perché non esiste una natura umana predeterminata o un Dio che gli dica cosa fare.
Questa libertà radicale può provocare angoscia, perché implica che ogni scelta ricade su di lui e non ha scuse.
L’effetto è che l’uomo può sentirsi schiacciato dal peso della sua libertà, ma allo stesso tempo è proprio questa libertà che lo rende umano e creativo.

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